Nella prima parte (che trovate qui) abbiamo parlato delle tre forme di trasmissione del calore (conduzione, convezione e irraggiamento) e approfondito la conduzione.
Della convezione non si può parlare senza approfondire il tema dell’umidità relativa dell’ambiente (ancora una volta calore e acqua sono legati). Prendete un bel respiro, l’argomento è tosto.
Sappiamo che una certa quantità di acqua è disciolta nell’aria sotto forma di vapore acqueo. Infatti diciamo comunemente “oggi è umido” oppure “che afa c’è” riferendoci proprio a questa quantità di acqua. Ebbene, c’è un limite alla quantità di vapore che l’aria riesce a contenere – che si chiama umidità relativa – cioè, se continuo a cucinare imperterrito il mio minestrone prima o poi il vapore ritornerà acqua condensando da qualche parte, in genere sulle finestre o sugli specchi (chi come me porta gli occhiali sa benissimo di cosa parlo). Questo fenomeno è strettamente legato alla temperatura: la quantità d’acqua che l’aria può contenere (l’umidità relativa) dipende dalla temperatura. Più alta è la temperatura (cioè più caldo fa) più acqua riesce a starci dentro. Come dire, in un bagno turco l’afa è al massimo. Se per caso improvvisamente questa aria calda e umida incontra una superficie fredda, immediatamente condensa. Ecco perché d’inverno riusciamo a vedere il nostro fiato: quello che vediamo è il nostro respiro caldo e quindi carico di umidità che incontra l’aria fredda e quindi immediatamente condensa. Ecco perchè chi porta gli occhiali, quando dall’esterno entra in un locale non ci vede più niente: gli occhiali gelidi incontrano l’aria calda del pub.
In edilizia questo diventa un fenomeno spiacevole che si chiama ponte termico o ancora peggio condensa interstiziale.
Nel ponte termico l’aria dell’ambiente condensa e l’acqua che li si forma ospita volentieri muffe e batteri. I punti tipici sono intorno ai cassonetti delle finestre, negli stipiti delle porte, nello spigolo fra muro e soffitto. Le soluzioni possono essere due, o diminuiamo l’umidità relativa dell’ambiente oppure alziamo la temperatura nel ponte termico. Un buon deumidificatore può essere di grande aiuto per la prima soluzione, anche se non certo di aiuto al nostro portafoglio. Arieggiare spesso le stanze è sicuramente utile ma non sempre sufficiente o definitivo; inoltre, arieggiare in una giornata di pioggia potrebbe addirittura essere controproducente. Esiste un test semplice per sapere se il vostro ambiente è saturo di umidità: provate a mettere lo stendibiancheria nella stanza e osservate se i panni si asciugano in tempi accettabili o se stentano ad asciugare. Nel secondo caso logicamente l’aria non è in grado di accettare l’umidità dei panni perchè è già carica di vapore.
Una seconda metodologia consiste nell’alzare la temperatura nei punti critici. Ricoprite bene i cassonetti delle persiane rivestendoli all’interno con materiali isolanti, utilizzate microsfere termoriflettenti nelle pitture delle pareti, cambiate o sistemate gli infissi delle finestre.
Nella terza parte parleremo di irraggiamento.